Carico di rottura

Prima di analizzare il carico di rottura bisogna conoscere il tipo di cima utilizzata. Le fibre utilizzate per la nautica sono oramai tutte di tipo sintetico, prodotte industrialmente e quindi soggette a brevetto. Spesso marchi diversi hanno caratteristiche molto simili. Tra le più conosciute ci sono : PBO (Zylon) fibra ad alto modulo prodotta dall’azienda giapponese Toyobo, ha uno tra i maggiori rapporto resistenza peso ed un allungamento minimo, anche sotto carichi discontinui, patisce i raggi del sole. Vectram particolare fibra di poliestere ad alto modulo offre elevatissima resistenza meccanica anche in flessione, basso allungamento, resistente al sole. Aramidiche come il kevlar, twaron, technora etc, fibra ad elevata tenacità con alto rapporto peso carico di rottura, ha un elevato punto di fusione, è sensibile al sole e alla abrasione. Polietilene come spectra, dyneema,plasma etc, fibra ad alto modulo con elevata tenacità e forte resistenza all’abrasione e alla flessione, galleggia e ha buona resistenza ai raggi solari. Poliammide come nylon, perlon, etc, fibra elastica, morbida, dal buon rapporto qualità prezzo, resistente alla flessione e alla abrasione. Poliestere come tergal, dacron, terital, etc, questa fibra ha dato origine a una vasta famiglia di compositi e ibridi utilizzabili per molteplici impieghi. Come il poliammide il poliestere è resistente,ma offre una migliore tenuta ai raggi solari ed è meno elastica. Polipropilene come il meraklon fibra economica, imputrescibile, galleggiante, morbida, evita il formarsi di torsioni e nodi, ultimamente utilizzata per fare gli scafi di alcune derive, rendendole praticamente indistruttibili. La resistenza di una cima è determinata dal valore della trazione che provoca la rottura della cima quando è nuova. Questa trazione chiamata carico di rottura, è proporzionale agli elementi costituenti, la cima stessa cioè la sua sezione, il peso per metro, i materiali impiegati. Ogni azienda produttrice dichiara il carico di rottura di ogni cima espresso in chilogrammi. Questo valore è il risultato di test effettuati in laboratorio, dove si simulano le condizioni di lavoro reale delle cime e misurato con un dinamometro. Bisogna distinguere il carico di rottura con il carico di lavoro. Il carico di lavoro che è ricavabile da diverse formule (la più famosa è quella di Marshall) che esprime lo sforzo effettivo massimo a cui è sottoposta la vela e quindi la cima collegata. La correlazione tra i due valori è molto importante in quanto la cima si sceglie solitamente con un carico di rottura doppio rispetto al valore del carico di lavoro a cui è sottoposta durante la manovra. Praticamente se il carico di lavoro della randa è di 500 chilogrammi, la scotta dovrà avere un carico di rottura superiore ai mille chilogrammi. Ad esempio come calcolare approssimativamente il carico di lavoro di una scotta randa : moltiplicare la superfice velica della randa in metri quadrati per il quadrato della velocità del vento apparente in nodi, il risultato per 0,02104 poi per 1,5. Mentre per la scotta del genoa basta moltiplicare la superfice velica del genoa in metri quadrati per il quadrato della velocità del vento apparente in nodi, il risultato per 0,02104.

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